Lunedì 2 Dicembre 2024 - Direttore Responsabile
Salvatore Calà
se il 25 aprile si festeggia significa che la storia è fatta di dimenticanze
SE IL 25 APRILE SI FESTEGGIA SIGNIFICA CHE LA STORIA È FATTA DI DIMENTICANZE
FONTE NOTIZIA: Salvatore Calà
Attualità, MESSINA
Come può una data pregna di sangue e di lutti essere considerata una festa e per di più nazionale! Evidentemente c’è qualcosa che non torna, qualcosa di vero che è stato occultato per opportunistica volontà, per tornaconto personale, partitico, divenuto in seguito istituzionale.
La vulgata, che non si fa domande perché ad esse non saprebbe rispondere per consapevole ignoranza, accetta e applaude i decantatori della giornata. Il 25 Aprile rappresenta una data di dolore perché i venti mesi che vanno dal Settembre 1943 all’Aprile 1945, ossia dalla costituzione della Repubblica Sociale Italiana alla fine della guerra e oltre, furono tra i più sanguinosi di tutta la storia d’Italia e non per vendetta verso quelli che erano stati o continuavano ad essere fascisti, come sic et simpliciter si crede, ma per calcolo preciso del Partito comunista il cui obiettivo era quello di instaurare, a guerra finita, il comunismo di stampo sovietico in Italia.
Questo scopo si evince dal fatto che le atrocità furono commesse non solo sugli avversari del comunismo, ma anche su innocenti, su non comunisti in genere e perfino sui propri “compagni” non allineati con Mosca. Non si deve dimenticare che negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale a Mosca si pianificava una vera e propria strategia planetaria per la conquista del mondo e che il PCI era considerato il Partito “fratello italiano” del PCUS. Al tacer delle armi rombarono le voci stridenti di una ideologia di morte basata sull’assioma “sul sospetto si fucila”, regola che tanto sangue fece scorrere nelle città e nei paesi d’Italia.
I comunisti italiani, in quanto “fratelli” di quelli del PCUS rispettarono alla lettera le cosiddette “purghe” staliniane. Eppure tutto questo venne ed è posto sotto silenzio esattamente come avvenne ed avviene per i massacri compiuti per l’unità d’Italia dai soldati “regolari” contro i cosiddetti briganti del sud che non facevano altro che difendere le loro terre. E’ colpevole questo silenzio, questo tacere di verità storiche suffragate da copiosa documentazione, ma volutamente rimosse nella retorica della cosiddetta “liberazione”. Se si squarciasse il velo del silenzio apparirebbe la verità in tutta la sua drammaticità e si porrebbe fine al becero trionfalismo che caratterizza la data del 25 Aprile.
Ma in Italia esiste la memoria dell’acqua e così tutto scivola via.