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vincenzo amato:la gestione dell'ordinario e la programmazione politica
 
VINCENZO AMATO:LA GESTIONE DELL'ORDINARIO E LA PROGRAMMAZIONE POLITICA
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FONTE NOTIZIA: http://www.facebook.com/groups/gioiosani/
Politica, GIOIOSA MAREA (ME)

Leggo ripetutamente post sui programmi elettorali dei futuri candidati sindaco: c’è chi sostiene che hanno un ruolo fondamentale per valutare una candidatura, in quanto, oltre al giudizio sulla capacità e affidabilità personale, è necessario capire cosa voglia fare il candidato, quali sono le sue idee e come intende realizzarle; altri, viceversa, ritengono che siano strumenti inutili, tanto sono tutti uguali al punto che se si confrontassero quelli presentati dai vari candidati negli ultimi venti o trent’anni non vi sarebbe sostanziale differenza.

Entrambe le osservazioni contengono un fondo di verità. Se, infatti, è vero che il programma è indispensabile per valutare la proposta politica di chi si propone ad una carica pubblica, è altrettanto vero che spesso si traduce in una elencazione così vasta e generica che alla fine contiene tutto ed il contrario di tutto per cui hanno ragione quelli che affermano che si tratta di enunciazioni vuote che il più delle volte restano sulla carta e che nessuno legge.

A mio avviso il programma è importante, ma deve essere credibile. Al riguardo voglio rassegnare qualche mia considerazione sperando che possa suscitare altre riflessioni e stimolare il dibattito.

Innanzi tutto ritengo che non dovrebbe farvi parte l’ordinaria amministrazione perché sarebbe una contraddizione in termini: ciò che si fa ordinariamente non è necessario venga programmato per la semplice ragione che è già assoggettato ad un iter predefinito. Quindi, quando nei programmi si legge che verrà garantita l’efficienza e la manutenzione delle strade, dell’acquedotto, della fognatura e delle varie infrastrutture pubbliche, secondo me si tratta di affermazioni ovvie, ma non programmatiche perché per riparare le buche e le condotte, avviare la refezione scolastica e fare tutte le altre attività ordinarie occorrono semplici adempimenti tecnici e burocratici e non valutazioni politiche. Sono attività vincolate per le quali, aggiungo io, non sarebbe neanche necessario eleggere sindaci, consiglieri comunali e nominare assessori: basterebbero degli uffici con il necessario personale è forse funzionerebbero pure meglio perché si eviterebbero tutta una serie di defatiganti passaggi burocratici ed avremmo anche risparmi di spesa.

Lo stesso vale quando si parla del completamento di opere incompiute in quanto anche questo è un dovere di qualunque amministratore e rientra a pieno titolo nell’ordinaria amministrazione.

Sula base di tali premesse, rimango allibito quando sento qualcuno affermare che le amministrazioni che garantiscono l’ordinaria amministrazione avrebbero fatto l’80% del lavoro. Ciò è sintomo di una gravissima carenza di cultura politica dei pubblici amministratori che, purtroppo, si riscontra ormai da parecchi anni e che è causa non secondaria dei risultati poco lusinghieri di tante amministrazioni. E’ un atteggiamento che denota carenze di idee e progettualità che riduce la politica a mera tecnica amministrativa. La politica, invece, è progettualità, idee, valori, scelta tra soluzioni alternative. In altre parole capacità di avere la visone di un modello di comunità e di approntare gli strumenti per realizzarlo. Di vedere ed immaginare cose che non ci sono ed indicare le strade per arrivarci. In sostanza significa stare con un piede nel presente ed un altro proteso nel futuro nella tensione progettuale che nasce dallo sforzo di comprendere le tendenze concrete in atto, di elaborare le migliori risposte per cui, a mio avviso, l’essenza dei programmi elettorali deve essere costituito dalla proposta politica come sopra rappresentata.

Detto questo, però, non ci si può limitare ad enunciazioni generiche, prive di riferimenti concreti. In verità in questo noi siamo spesso maestri, siamo campioni del mondo ad aggrovigliarci in paroloni che lasciano intendere chissà quali cose e che alla fine, però, non dicono nulla. Già in giro sentiamo pronunciare affermazioni del seguente tenore: faremo adeguate ed efficaci politiche per lo sviluppo turistico; metteremo in campo le migliori risorse; ammoderneremo la macchina amministrativa; faremo una politica di alto spessore sociale; vogliamo lo sviluppo sostenibile del territorio; Gioiosa è un posto unico al mondo, con il suo mare, le chiese, le contrade, i suoi tramonti (come se fin’ora non se ne fosse accorto nessuno), bisogna creare sinergie e mettere tutto in rete; e cosi via. Minchia che paroloni!!! Ma in concreto che significa? Io ho la presunzione di dire che se mi cimentassi potrei scrivere un intero libro, anzi un’enciclopedia, per programma elettorale. Su ogni argomento (turismo, economia, lavoro, cultura, sport, infrastrutture, istruzione, organizzazione amministrativa, ecc.) mi diletterei a spaziare sui massimi sistemi, centinaia e centinaia di pagine ed alla fine avrei la soddisfazione di dire: ho fatto un programmone che cambierà radicalmente il volto del paese, saranno avviate riforme, cambiamenti epocali che daranno lustro per i prossimi cento anni, per poi scoprire che forse mi è sfuggita qualcosa. Forse ho perso il senso della misura e mi sono trovato con un programma che ha come riferimento gli scenari dell’unione europea e non una piccola comunità. Insomma, avrei fatto aria fritta.

Qui non siamo a New York, non bisogna gestire una multinazionale con migliaia di dipendenti: si tratta di una piccola comunità in cui tutto è a vista ed allora diventa fuorviante e scarsamente comprensibile per i cittadini evocare grandi scenari. Occorre invece molta concretezza: quando si parla di politica del turismo sarebbe il caso di dire quali sono concretamente quelle 5, 10 o 20 cose che si vogliono fare e perché li si vuole fare, altrimenti la politica dello sviluppo del turismo è aria fritta. Lo stesso vale quando si parla di sviluppo sostenibile, di riqualificazione urbana, di viabilità, di infrastrutture, ecc. Si dica puntualmente per ogni settore quali sono le cose da fare e perché le si vuole fare. I cittadini capirebbero, avrebbero puntuali parametri di riferimento per valutare la bontà e l’efficacia della proposta politica e potrebbero esprimersi con cognizione di causa e soprattutto potrebbero inchiodare alle proprie responsabilità gli amministratori che non tengono fede agli impegni presi.

In definitiva, secondo me, bisogna diffidare sia di quelli che si limitano a perseguire l’ordinaria amministrazione quale obiettivo programmatico, sia di coloro i quali scrivono libri dei sogni senza indicare proposte ed obiettivi puntuali e le modalità di come realizzarle e raggiungerli.

SCUSATE PER LA LUNGHEZZA, MA PER DARE UN MINIMO DI SENSO COMPIUTO, ERA INEVITABILE

Avv. Vincenzo Amato

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