Organizzata dalla Sezione di Messina dell’Ass. Nazionale della Sanità Militare Italiana (ANSMI), Presidente il Gr. Uff. Dr. Angelo PETRUNGARO, nella chiesa “Santuario del Carmine” in Messina, si è svolta la S. Messa, celebrata dal parroco don Gianfranco CENTORRINO, in suffragio dei Caduti per l’onore della Patria. Presenti autorità militari e civili fra cui l’Assessore alle Politiche Sociali del Comune di Messina, Alessandra CALAFIORE. Hanno manifestato adesione all’iniziativa: il Ten. Gen. Medico Mario Alberto GERMANI, Consigliere del Capo di Stato Maggiore della Difesa per la Sanità Militare Interforze; il Magg. Gen. Gabriele LUPINI, Ispettore Nazionale del Corpo Militare CRI; l’On. Prof. Giuseppe SCALISI; il Dr. Giacomo CAUDO, Presidente dell’Ordine dei medici di Messina; il Segretario Generale O.A.R. Avv. Rosario LUPO MIGLIACCIO di San Felice; il Prof. Salvatore NASCE’,

Presidente della Sezione di Messina dell’U.N.C.R.S.I., che nel messaggio di condivisione si è detto orgoglioso, anche se triste, di ricordare i numerosi giovani che hanno sacrificato i loro sogni sull’ara della Patria, “meraviglioso esempio di schietto amore verso il suolo natio affrontato con supremo coraggio e dignità”. Il Dr. PETRUNGARO, nel ringraziare gli intervenuti, ha ricordato il sacrificio dei Caduti nell’adempimento del dovere nell’ambito della Sanità Militare, come il Ten. Medico Nelson DALFIUME condannato a morte con un’accusa che non può non essere classificata come un pretesto: “l’aver schiaffeggiato un prigioniero ferito!”, e anche quello dei tanti barbaramente assassinati primo fra tutti il Duce e poi gli altri come il sacerdote don Tullio CALCAGNO, classe 1899, per il quale la Patria era quella del 22 maggio 1939, del 10 giugno 1940 e dell’8 settembre 1943 che non aveva tradito l’alleata Germania.
Per aver tenuto fede nei valori Onore, Dovere, Patria, fu assassinato dai partigiani il 29 aprile 1945. Un altro assassinio per gli stessi motivi fu quello della studentessa, del 4° anno di Medicina presso l’Università di Roma, Antonietta DE SIMONI, che, rispondendo prontamente all’appello della RSI alla gioventù femminile per l’assistenza alle sue FF.AA., si arruolò fra le Ausiliarie del S.A.F. e a chi le consigliava di ritirarsi anche per la sua giovane età ella rispose: “un’Ausiliaria non abbandona il suo posto nel momento del pericolo; resta al fianco dei suoi camerati!” In occasione della commemorazione dei defunti non possono essere dimenticati i prigionieri di guerra, nei campi di prigionia degli Alleati, morti per le torture subite e nemmeno i civili che venivano uccisi perché portavano cibo ai prigionieri, come aveva ordinato il Gen. Eisenhower subito dopo la capitolazione della Germania l’8 maggio 1945.

Si sono voluti ricordare anche i “martiri” della strage di Oderzo dove, a guerra finita, 598 fra allievi ufficiali e militi della Guardia Nazionale Repubblicana, dopo essersi arresi e aver deposto le armi, furono fucilati dai partigiani e gettati nel Piave. Meritano di essere ricordate altresì le vittime di quello che il primo ambasciatore donna degli USA in Italia, signora Clare BOOTHE LUCE, nominato nel 1953 dal Presidente Eisenhower, definì il “cancro più mortale che avesse mai colpito lo spirito umano”: l’ideologia comunista. Nell’occasione si sono ricordate due donne, di salda fede negli alti ideali della Patria, scomparse di recente: Velia MIRRI e Mirella BORDIN. La prima, giovanissima, era stata volontaria nel S.A.F. il Servizio Ausiliario Femminile della RSI, in cui aveva fatto vera e propria esperienza militare.
Infatti, dopo la guerra, le 300 Ausiliarie prese prigioniere, ossia quelle scampate agli stupri, alle torture, alle sevizie e alla morte ad opera dei partigiani, erano considerate prisoner of war proprio come i soldati detenuti a Coltano. Lei, presa prigioniera il 28 aprile 1945 dai partigiani, fu detenuta nel campo di prigionia di Scandicci (FI). Fu rilasciata solo a fine anno. Studiò, conseguì la laurea in Lettere e insegnò, divulgando, sempre, con tenacia, attraverso libri e testate giornalistiche, il proprio credo. La signora BORDIN, avendo frequentato da bambina l’opera Balilla e da ragazza la Gioventù Italiana del Littorio, rimase fedele fino alla morte al suo ideale di amore verso la Patria e al ricordo perenne degli innocenti Caduti ai quali dedicava il suo tempo al fine di non farli cadere nell’oblìo, mantenendo sempre lustre le loro lapidi e additandoli come esempio alle nuove generazioni attraverso incontri culturali e appassionati articoli di argomento storico, convinta com’era che “chi per la Patria muore vissuto è assai, chi per la Patria muore non muore mai”.