La Sicilia non esiste. Non esistono i siciliani. Si cancelli dai libri di storia la parte in cui si dice: E’ stata questa la Terra che sfamava i romani, che produceva grano, che già conosceva la Tumminia.
L’Italia Unita è una macchiavellica volontà che oggi emerge dal mare nostrum del Nord e sfidando la realtà dei fatti uccide, o ci prova, ogni sana coscienza umana.
Andiamo al dunque: un veneto si è alzato qualche giorno fa è ha detto ad un produttore siciliano parole analoghe a queste: “Non produrre più tumminia perchè questa è cosa nostra”.
“Abbiamo ricevuto una PEC da uno studio legale per intimarci la sospensione dell’ uso della parola TIMILIA dai nostri prodotti” spiega Salvo Scuderi che ha un’azienda sul territorio a cavallo tra la provincia di Enna e Catania.
“Per un attimo si pensava fosse uno scherzo, visto che la Timilia , essendo un cereale esistente da migliaia di anni non potesse essere registrata ma, ci vengono indicati addirittura i numeri di deposito e si diffida la mia azienda a non usare più la parola Timilia intimandoci la sospensione della produzione di tutti i prodotti con la dicitura Timilia anche negli ingredienti” spiega Scuderi.
“Crediamo che vi sia stato un errore (anche di distrazione) da parte del funzionario dell’ufficio registri ad accettare tale richiesta e soprattutto credendo nella professionalità dello studio che ci ha scritto pensiamo anche gli stessi siano stati raggirati dall’azienda che ha creato e crede di creare una sorta di privatizzazione di un prodotto che da sempre è appartenuto ai Siciliani e all’umanità intera. La mia azienda produce prodotti fatti con Timilia, compro Timilia da produttori siciliani e lavoriamo in biologico ed in progetti di filiera a corto raggio perchè prima del prodotto e delle economie prettamente sterili di mercato, vengono i valori di rispetto dei produttori agricoli e dei consumatori”.
Sembrerebbe una situazione folle, visto che la Timilia è prodotta in Sicilia dani nonni dei nonni dei nostri nonni. Ma la cosa è seria.
Sulla vicenda è scesa in campo infatti anche la voce parlamentare dei Cinque stelle. “Una vicenda paradossale quella denunciata nelle ultime ore da molte aziende siciliane, raggiunte da una lettera di diffida nella quale la società veronese ‘Terre e Tradizioni Srl’ segnala che la denominazione ‘timilia’ è un marchio registrato, e quindi a voler cessare con effetto immediato l’ utilizzo dello stesso marchio”. Così a gamba tesa, la deputata del Movimento 5 Stelle Angela Foti, attraverso una interpellanza depositata a Palazzo dei Normanni, chiede alla Regione di intervenire con urgenza, con ogni mezzo, anche con quello legale e a sostegno delle azioni eventuali intraprese dagli agricoltori, in difesa degli interessi e dei prodotti tipici regionali.
“Eh sì, – aggiunge Foti – perché il Timilia, altrimenti denominato Tumminia o grano Mazzuolo, registrato dalla ditta veronese, è un varietà antichissima di grano duro siciliano, noto già in epoca greca e, oggi, coltivato da numerosissime aziende siciliane che hanno cura di portare avanti i prodotti tipici della tradizione”. “E’ come se domani – continua la parlamentare Cinquestelle –qualcuno registrasse il nome ‘nero d’avola’ o ‘nocellara del belice’ o, perché no, ‘Etna’, e ne vietasse a chiunque l’utilizzo”. Ma il ‘timilia’ non resta un caso isolato e infatti la stessa azienda ha registrato anche le diciture ‘maiorca’,’perciasacchi’ e ‘grani antichi siciliani’.
“Un atto profondamente illegittimo – dice Foti – confermato anche da sentenze emesse per casi analoghi dal Tribunale di Catania. Risulta chiaro, infatti, che una cosa è brevettare un marchio, contraddistinto da un nome di fantasia, per un prodotto che si ricava da una specie vegetale, altra cosa è brevettare, come fosse un marchio, il vero nome di una specie vegetale tout court, come oggi si è fatto con la specie vegetale denominata ‘Timilia’”.
“La paradossale e vergognosa situazione venutasi a creare, – conclude la Cinquestelle – oltre a rappresentare un vero e proprio oltraggio nei confronti dei siciliani, della Sicilia, della dignità residua di una Regione che tanto ha da offrire, ma che non sa o non vuole risorgere, porta anche con sé un danno economico gravissimo, insostenibile, per tutte le aziende siciliane che commerciano prodotti contenenti il grano siciliano Timilia, contribuendo ad aggravare una crisi nota da tempo nel settore”.
Il movimento si sta mobilitando a tutti i livelli, deputati alla Camera e senatori siciliani e l’europarlamentare Ignazio Corrao, infatti, stanno depositando atti parlamentari ispettivi per fermare questo assurdo affronto alla nostra tradizione: “si chiarisca una volta per tutte, affermano – che mai si potrà prendere un nome di una razza e varietà e ingabbiarla in un diritto che preveda pagamento di royalties o limitazioni di sorta”.
Intanto sul web è partita la guerra con gli attestati di solidarietà alle aziende siciliane, ai produttori di timilia e al grano che in tutta questa vicenda invoca aiuto.
Oltretutto per le caratteristiche questo è un grano che può crescere solo in Sicilia. A meno che il Nord non invochi la paternità del clima, del sole e della terra siciliana.
Graziella Mignacca