27 gennaio 1945. Sono più o meno le tre del pomeriggio quando la Prima Armata del Fronte Ucraino comandata dal maresciallo sovietico Koniev apre le porte di Auschwitz,il più grade campo di sterminio nazista, ad accoglierlo una scritta, passata infaustamente alla storia, “Arbeit macht frei”.
“Il lavoro rende liberi”. 27 gennaio 1945. Sono più o meno le tre del pomeriggio quando tutto il mondo, racchiuso negli occhi di un semplice maresciallo sovietico, vede per la prima volta che forma ha l’inferno.
Da dieci anni il 27 gennaio è internazionalmente considerato La Giornata della Memoria.
Memoria delle vittime della shoah (che in ebraico significa catastrofe, quella naturale, quella immotivata, quella che ti fa dubitare dell’esistenza di Dio); memoria dell’orrore nazista ma anche, e soprattutto, memoria del fatto che l’uomo può arrivare a negare sé stesso, la sua stessa umanità e trasformarsi in una creatura di puro odio.
Nonostante siano passati 70 anni,ancora oggi sembra non essersi dissolto l’odio antisemita. A Roma nella notte è comparso uno striscione antisemita all'esterno del parco Rabin: "Olocausto menzogna storica. Hitler per mille anni". Forse ne dovranno passare altri 70 di anni affinchè non si leggano più simili messaggi di odio razziale e di inciviltà.