Quattro angeli, non ci sono altre parole per definirli. «Perché senza l'intervento di quei carabinieri, probabilmente, io e la famiglia non saremmo più su questa terra». Sono parole toccanti quelle del dott. Carmelo P., protagonista, suo malgrado, di un episodio da raccontare. É l'alba quando bussano in maniera decisa ad una porta secondaria della sua abitazione in via Acqua del Conte, una casa su tre piani.
E l'ingresso è quello che porta alle stanze da notte. «Apro e mi ritrovo davanti i carabinieri, mi dicono che c'è del fumo che proviene da una finestra interna – rivela –. In pochi istanti mia moglie è già in piedi, le mie due figlie anche. Un militare corre a svegliare mio figlio tirandolo via di forza dal sonno. Ci guardiamo intorno, inizia a propagarsi il fumo. Entriamo nello sgabuzzino e ci vengono incontro le fiamme. Una scena terribile». A scatenare l'incendio, il cortocircuito al motorino di un frigorifero. Fuori! I muri si colorano di nero, tutto viene rosicchiato dal fuoco. «Ci sentiamo miracolati, è come se fossimo rinati – dice Carmelo P. -. Saremmo morti senza accorgercene. Sono passati dalla Cot e hanno notato quel fumo, è stato un segnale divino». Una considerazione non casuale, collegata ad un riferimento preciso: «Pochi giorni prima della scampata tragedia, mia moglie aveva autonomamente appeso un quadro della Madonna di Medjugorje. Ebbene, nel devasto generale, praticamente si è salvato solo quello».
Il nucleo familiare ha perso molto nel rogo, di materiale. Ma ciò che è accaduto ha rinnovato in loro la fede, oltre alla fiducia nelle forze dell'ordine: «Voglio ringraziare davvero il brigadiere Giuseppe Scopelliti e gli appuntati Alfredo Grillo, Giuseppe Castelvetere e Pietro Macrì. Ci hanno salvato la vita”.
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