Q-MAGAZINE - MESSINA – 10 FEBBRAIO: GIORNATA DEL RICORDO DELLE VITTIME DELLE FOIBE
DATA NOTIZIA: 08/02/2022 - FONTE NOTIZIA: Salvatore Calà
 

Certe ricorrenze non possono passare inosservate. Come il 10 Febbraio, “Giornata del ricordo” delle vittime delle Foibe. La cui Storia , il Presidente della Sezione provinciale di Messina dell’Associazione Nazionale della Sanità Militare Italiana Gr. Uff. Dr. Angelo Petrungaro vuole ricordare per sollecitarne conoscenza e riflessioni.

Apprezzano e condividono l’iniziativa: l’Ammiraglio Mauro Barbierato, già Capo della Sanità della Marina Militare; il Magg. Gen.Gabriele Lupini, Ispettore Nazionale del Corpo Militare CRI; il Dr. Giacomo Caudo, Presidente dell’Ordine dei Medici di Messina; l’Avv. Rosario Lupo Migliaccio di San Felice, Segretario Generale O.A.R.; il Dott. Salvatore Bocchieri, Direttore della Rivista “Intervento”; il Gen. C.A. Giuseppe Gemma, già Comandante del Comando Interregionale Carabinieri ”Culqualber” di Messina; S.E. il Dott. Francesco Marzachì, già Procuratore Generale di Messina.

Ad essi si aggiungono i Soci recentemente scomparsi come il Prof. Salvatore Nascè a lungo Presidente a Messina dell’ U.N.C.R.S.I., l’On. Prof. Giuseppe Scalisi per anni Deputato al Parlamento Nazionale, il Cav. Giacomo Messina estimatore dell’amore verso la Patria, il Prof. Francesco Loschiavo già Direttore dell’Istituto di Patologia Medica e Medicina Mediterranea, cultore dei valori Onore Dovere Patria, il Sottocapo della Regia Marina Giuseppe Glorioso, testimone dello scoramento vissuto sulla nave a Corinto alla notizia dell’Armistizio dell’8 Settembre 1943.

I quali ogni anno sottolineavano l’importanza del ricordo delle vittime delle Foibe in nome della Patria “Italia”. Per comprendere a pieno la Storia delle Foibe bisogna risalire all’oblio dei fatti accaduti dopo l’8 Settembre 1943 nella Venezia Giulia e in Dalmazia, oblio che ha riguardato non solo le vittime delle Foibe, ma anche l’esodo di 350.000 Italiani dall’Istria, da Fiume e dalla Dalmazia a causa delle inenarrabili atrocità compiute dai comunisti di Tito su quelle terre.

Alla costituzione della R.S.I., il 14° Battaglione italiano costiero da fortezza, formato da veterani legionari della Confinaria da anni in guerra nell’infida Balcania da cui avevano ripiegato al momento dell’armistizio, subì una ristrutturazione e il Comandante della Xa Flottiglia MAS, C.V. Junio Valerio BORGHESE, con comportamento conforme alle regole dell’Onore e pregno di alto spirito patriottico dimostrato ulteriormente nella battaglia di Tarnova e nell’ultima difesa di Cherso, Veglia e Lussino, al fine di rafforzare le difese del confine orientale minacciato dai partigiani titini, tentò il coinvolgimento del cosiddetto Governo del Sud rifugiato a Brindisi, ottenendone però un netto rifiuto.

L’uso criminale delle Foibe, nel biennio 1945-1947, raggiunse il culmine, portando in quel popolo italiano il martirio come quello subìto dal Ten. G.N.R. Luigi LORENZI crocefisso da partigiani comunisti in località Carbonera (TV) presso la cartiera Burgo o quello, horresco referens, della studentessa universitaria Norma COSSETTO crocefissa anche lei, recisi i seni e gettata in una foiba. Nelle voragini naturali del Carso che i geologi chiamano foibe, vennero precipitati migliaia di Italiani, uomini, donne, bambini, militari, civili, giovani, vecchi, colpevoli solo di essere Italiani e perciò latini. Tutto in conseguenza dello sciagurato accordo del 6 Febbraio 1945 stipulato a Yalta fra Inglesi, Americani e Sovietici.

Quando le bande comuniste di Tito scesero nella Venezia Giulia fu ammainato il Tricolore. Era il 10 Febbraio 1947, data in cui l’Italia firmava a Parigi il Trattato di Pace le cui condizioni, imposte dagli Alleati, sul piano territoriale per essa erano molto dure e costarono la vita al Comandante delle truppe alleate a Pola ad opera della patriota Maria PASQUINELLI.

L’invasione dell’Istria portò il terrore, le torture, gli infoibamenti; ma non solo di essi si macchiarono i comunisti di Tito, anche degli annegamenti di tanti soldati d’Italia nell’”amarissimo mare”, l’Adriatico, in cui vennero buttati vivi con una pietra al collo e fatti annegare il Col. di Cavalleria Nicolò LUXARDO e la moglie. Egli era nato in Dalmazia e nella Grande Guerra aveva combattuto come soldato volontario irredento nel Rgt “Cavalleggeri di Roma”, meritando ben due medaglie d’argento al V.M. e nel 1920 era stato Capitano dei “Lancieri di Firenze”. Dopo che la Dalmazia fu occupata dagli Slavi, il Tribunale penale di Zara condannò l’annegato Nicolò LUXARDO alla pena di morte tramite impiccagione. Fra i capi d’accusa c’era proprio quello di essere “Colonnello di Cavalleria italiana decorato di due medaglie d’argento al V.M. italiano”.

L’uso delle foibe è stato frutto di una lucida strategia: seminare il terrore per costringere gli Italiani a lasciare quelle terre che il Nazionalismo slavo voleva come proprie. Nelle voragini carsiche gli Italiani venivano buttati vivi, legati ai polsi gli uni gli altri con fil di ferro e una volta sparato al primo egli si trascinava tutti gli altri i quali venivano fatti morire o lentamente o per lo scoppio di bombe.

I profughi giuliani e dalmati che viaggiavano in vagoni merci con bambini e vecchi, quando giunsero alla stazione di Bologna, vennero presi a sassate perché ritenuti fascisti e non Italiani che fuggivano dall’incalzante orda bolscevica. Non poterono scendere nemmeno per prendere un bicchier d’acqua. Nel ricordare le vittime delle Foibe, il Dr. PETRUNGARO esprime il rammarico per il fatto che ancora oggi in Italia si continui a parlare poco, anzi pochissimo, di Foibe, al contrario di quanto molto si parli di altri fatti. Ma la Storia è per omnia ad perpetuam rei memoriam. Infatti oggi la verità sulle Foibe, finora taciuta, vuoi per governativa imposizione, vuoi per ideologica viltà, si sta facendo strada. Il tempo è galantuomo, dice la saggezza popolare:

… d’antichi fatti / certo udisti suonar dell’Ellesponto / i liti e la marea mugghiar portando / alle prode retee l’armi d’Achille / sovra l’ossa d’Aiace”

dice il poeta all’amico Pindemonte.

Nell’occasione, si ricordano il Cap. medico Giuseppe Catalano e il C.V. medico Giuseppe Fogliani ai quali è intitolata la Sezione provinciale di Messina dell’ANSMI.

Insieme a loro il portaferiti Cap.le Michelangelo Vizzini e l’aiutante di Sanità Cap.le Magg. Ennio Lo Piano della Divisione alpina ”Monterosa”.

Dr. Angelo PETRUNGARO

 

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