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il satanismo come modello di vita ?
 
IL SATANISMO COME MODELLO DI VITA ?
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FONTE NOTIZIA: www.gioiosani.it
Cronaca, GIOIOSA MAREA (ME)

In un periodo di profondo allarmismo sociale, in un periodo in cui si avverte un disagio ed un individualismo estremo, in un periodo in cui si vede la scala dell’arrivismo e di una incapacità razionale che porta alla destabilizzazione dell’uomo, nella nostra ridente cittadina, ieri l’altro, una notizia più che allarmante, alla quale hanno dato seguito varie consultazioni, soprattutto fra esperti e persone, seppur non conoscitori, ma presenti sotto l’aspetto sociale nel Comune di Gioiosa Marea ad un vero e proprio dibattito.
La notizia in questione è legata al ritrovamento di oggetti che sembrano esser stati usati per vere e proprie sette sataniche. Inaspettata la notizia, ha procurato una fonte di domande. Saranno giovani, meno giovani o addirittura adulti?
Credo che questo poco importa, ma ciò a cui, secondo il mio modesto parere deve esser data rilevanza è: perché accade ciò? Senz’altro si può risalire ad un disagio sociale ed a emulazioni poco affini con l’aspetto educativo che ognuno di noi incarna.

Uno studioso italiano ha scovato una delle sette sataniche attive in Italia e riporta testualmente questa frase, sicuramente inquietante : “Noi crediamo realmente nell’esistenza di Satana, ma non come raffigurazione di noi stessi, bensì come vero dio al quale riportiamo adorazione”. Questo, nell’ottica degli studiosi si traduce in Satanismo tradizionale, quindi riunioni con la presenza del sacerdote per celebrare messe e riti in onore di Satana. In questi incontri più comunemente identificati come messe nere si pratica sesso blasfemo, seguaci nudi, croci al contrario (come chiara opposizione alla Croce di Gesù) e una donna nuda utilizzata come altare; questo ne esalta il peccato, i piaceri della carne e la ribellione.
La realtà si presenta davvero agghiacciante, la presa d’atto che questo non è solo un fenomeno statunitense, ne un fenomeno legate alle grandi città, ma appartiene a tutte le realtà, e quel che desta maggiore stupore è sapere che fra i seguaci delle Sette Sataniche ci sono persone di ogni estrazione sociale fino ad arrivare a persone culturalmente elevate con famiglie di prestigio alle spalle. Sono gruppi di persone che adorano un Satana personificato, come quello descritto nella Bibbia ed indicato con il nome di Lucifero.

Quel che sicuramente emerge da questo fatto inusuale è che le immagini descrivono un adempimento, un rituale non certo fatto da semplici ragazzi o addirittura inesperti. Tutto lascia presagire una conoscenza e un contenuto che non è certamente da sottovalutare, anche se potremmo chiamarla “ fase illusoria”. Sicuramente, da quel che ci è dato vedere, si tratta di conoscitori e di esecutori di riti blasfemi che hanno avuto un inizio ed oggi vi è il continuum.
Il problema delle sette, oltre alle gravi ripercussioni psicologiche dell’individuo, ledono e decentrano quelli che sono i valori di una comunità, anche se in parte. Va certamente evidenziato come alcuni adepti di sette sataniche vengano coinvolti in riti, negli abusi sessuali, nella pedofilia, nella violenza sessuale, nell’odio razziale, nel consumo di droghe, nella prostituzione degli adepti, nei comportamenti di violenza e di minaccia e in una forma di manipolazione da cui è difficile uscirne. Il plagio è il padre del comportamento che viene adottato con i seguaci, facendo leva su una psicologia labile, addirittura instabile, e se non lo è , lo diventa. Il giovane insicuro, vittima di una società frenetica e dedita all’effimero può essere facilmente adescato perché attratto da questa forma di apparente libertà, non avvisando le insolite ripercussioni a sfondo sociale e parentale.

Satana potrebbe diventare un modello di identificazione per i giovani, che vedono in “ lui” un eroe coraggioso, mitico: per alcuni giovani il diavolo può apparire come un ideale di sé, un essere onnipotente che vive al di fuori delle leggi, senza limiti né paure, godendo di assoluta libertà. Considerate quello che può fare in una mente oppressa e deficitaria di ogni singolo elemento, ove la speranza ed il futuro sono solo fonti di instabilità. La condizione di debolezza e solitudine e di non adattamento a un sistema, recano vere e proprie psicopatologie.


Il bisogno di appartenenza ad un gruppo, di essere accettati, di sentirsi protetti, sono le motivazioni principali di chi si accosta ad una setta, oltre alla ricerca di figure protettive particolarmente forti e carismatiche e valori in cui poter credere.
Non si riesce più a fare opera di discernimento fra il bene ed il male e questa forma di depistaggio avvalora situazioni nefaste per una società debole e priva di contenuti efficaci. A questo si associa anche la componente modale, frutto di eccessi e protagonismi diffusi. Chi entra in questi gruppi a poco a poco ne fa parte completa e diventa estraneo alla vita di tutti i giorni. Gli unici riferimenti attendibili diventano “ le leggi” del gruppo, ma non ci si accorge che si è sempre meno padroni della propria vita. Quando questo si avverte non è più possibile uscirne, perché sovrastano minacce e ricatti di ogni genere. Nessuno può e deve lasciare il gruppo.
Il cervello dell’adepto purtroppo viene condotto sin dal primo momento, secondo raffinate tecniche di persuasione e di manipolazione ed ogni gesto, ogni parola, ogni azione è sotto stretto controllo dei “ capi”, ledendo seriamente ogni angolo della ragione, perché vi è l’assoluto dominio dell’indipendenza e dell’autonomia.
L’aspetto psicologico appare condizionato e suggestionato e questo reca dei cambiamenti, soprattutto relativi all’identità personale. Spesso alla persona viene dato un nuovo nome, un nuovo stile personale riguardo a abbigliamento e un nuovo linguaggio. Questi i grossi rischi di chi si confronta con realtà di questo tipo, ove la predominanza e la padronanza dell’altro prendono il sopravvento. Inutile dire che i controlli dovrebbero essere serrati e dare la giusta chiave di lettura ad ogni singolo comportamento, ed a questo episodio, che non possiamo certamente ritenerlo singolo ed estraneo ad ognuno di noi. La visibilità lasciata da chi ha “ operato “ nel salone parrocchiale, mi fa porre domande che possono certamente essere un veicolo importante: che non sia una tacita richiesta di aiuto?

Giuliana Scaffidi

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