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Venerdì 19 Aprile 2024 - Direttore Responsabile Salvatore Calà
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i crimini di guerra nazifascisti. convegno e considerazioni storiche
 
I CRIMINI DI GUERRA NAZIFASCISTI. CONVEGNO E CONSIDERAZIONI STORICHE
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FONTE NOTIZIA: Salvatore Calà
Eventi, CASTELL'UMBERTO (ME)

“La ricostruzione giudiziale dei crimini nazifascisti in Italia”. Questo il titolo del libro presentato sabato al cineforum comunale nel corso dell'omonimo convegno organizzato dal Comune. Ai lavori, propedeutici alla posa di una lapide nella palestra comunale a ricordo del poliziotto Agostino Antonino e la moglie Ida Castelluccio, hanno partecipato, tra gli altri, Andrea Speranzoni avvocato di parte civile in numerosi processi contro i responsabili delle stragi naziste, Marco De Paolis, Procuratore militare della repubblica di Roma, Nicola Musumarra e Carmelo D'Urso dell'Anpi di Catania, i reduci di Cefalonia Nino Germana e Carmelo Benincasa , Vittorio Bevacqua e Salvatore Mangione che hanno ricordato, attraverso la lettura di un interessante diario di guerra,Salvatore Bevacqua, anch'egli nella divisione “Acqui” passata per le armi a Cefalonia per non essersi voluta consegnare ai tedeschi e Florinda Aragona dell'Istituto Salvemini di Messina.

Dopo il saluto del Sindaco, Alessandro Pruiti, i lavori moderati da Massimo Cono Pietro Paolo, hanno tracciato un interessante e toccante spaccato della violenza nazifascista in Italia e partire dalla strage di Castiglione del 1943 in Sicilia e alle distruzioni causate dai tedeschi all'aeroporto di Biscari. “Se c'è stato un magistrato che ha girato dall'altro lato l'armadio della vergogna ha detto il vicepresidente della Magistratura militare di Roma Roberto Fabio Tricoli, ce nè stato un altro che lo ha riaperto”. Interessante la spiegazione data da Antonino Germanà sui tragici eventi conseguenti all'otto settembre del '43 che li ha definiti conseguenza del ”Colpo di Stato” fatto in Italia da Badoglio e la ricostruzione di quei tragici giorni. Commovente l'intervento di Vincenzo Agostino il padre dell'agente ucciso che ha raccontato gli ultimi attimi di vita del figlio e della nuora, partecipando ai presenti la sua voglia di giustizia e di legalità.

Valori poi ribaditi con forza nella palestra comunale dal Sindaco che li ha posti a base e vademecum del vivere civile e a esempio per gli studenti dell'istituto comprensivo di Castell'Umberto presenti grazie alla sensibilità della dirigente Rina Maria Ceraolo Spurio. A chiudere i lavori del convegno è stato il Procuratore Marco De Paolis, che ha ricordato con pochi ma qualificati tratti anche i criminali di guerra italiani.Saltato infine, a causa dei tempi, sacrificati al successo dell'iniziativa che è andata oltre le aspettative, il previsto dibattito con il pubblico. Ed è proprio il coinvolgimento che il convegno ha saputo creare che mi spinge a dare, oltre alla sintesi giornalistica del resoconto degli eventi, le mie considerazioni storiche con l'intento di aggiungere qualcosa specie all'eccidio di Castiglione.


Anche se l'armistizio fu firmato l'8 settembre il Colpo di Stato di Badoglio (bella definizione di quell'avvenimento che prendo in prestito da Nino Germanà, reduce della divisione Acqui), già serpeggiava in Sicilia, prova ne sia la resa in massa di miglia di soldati italiani, che lasciavano scoperte le linee dell'alleato che teneva la “Linea del Simeto”. I tedeschi di Castiglione erano della divisione Hermann Goering, comandata da Paul Conrath. Inferiori di numero e senza copertura aerea dopo avere conteso il terreno al nemico palmo a palmo, divisi in due gruppi, iniziarono a ritirasi verso Messina. Il primo gruppo(kampfgruppeConrath)lungo la via Cataia- Acireale  -Adrano>;il secondo (kampfgruppeSchmalz)lungo la direttrice -Taormina-Messina– Gela- Caltagirone-Randazzo. Fu proprio quest'ultimo a subire la maggiori perdite specie nella zona di Randazzo (racconta, Carmelo La Cava, caso mai c'è ne fosse bisogno, che i tornanti, nel tratto Randazzo- Santa Domenica, erano pieni di brandelli di carne e sangue raggrumato). A coprire la ritirata erano, spesso, elementi della Hermann Goering votati a sicura morte. Questi soldati, formati da qualche veterano e ragazzi di vent'anni, assolto il loro compito,cercavano di raggiungere i compagni, laceri, privi di viveri e mezzi di trasporto che spesso si procuravano come potevano( a volte requisivano gli asini rilasciando anche regolare ricevuta).

Non era infrequente però che venivano attaccati dai civili affamati in cerca di scatolette, indumenti e scarpe.(A volte, raccontano testimoni, i civili seguivano i feriti gravi aspettando che morissero per derubarli di tutto). Questo il quadro generale nel quale sembra maturare la strage di Castiglione. In particolare succede che nei dintorni di Castiglione viene rubato un autocarro tedesco pieno di viveri e nelle campagne vengono uccisi cinque militari tedeschi. (si sospettò a guerra finita che i ladri fossero di un paese vicino.)

I due episodi nulla hanno a che vedere con la lotta partigiana e sono destinati, il primo ad alimentare il mercato nero(che è cosa diversa dal distribuire viveri alla popolazione affamata) e il secondo nella “caccia ai tedeschi isolati forse per ordine della mafia alleata con gli americani. Detto questo riporto la strage con le parole di Nino Lo Monaco e Suora Amelia Casini: “l'11 agosto entrarono a Castiglione un cingolato e quaranta granatieri con l'ordine di prendere prigionieri più civili possibile. Chi tentò di sottrarsi venne abbattuto dalle mitraglie e alcune donne accorse per difendere mariti e figli furono buttate giù dai balconi.I npoco meno di un'ora furono uccise 20 persone.Nino Lomonaco, custode di questa memoria, ricorda però che un soldato tedesco non denunciò un poveraccio nascosto nel soffitto e un altro mostrò una medaglietta del battesimo e ripeté diverse volte la parola cattolico alle madri e figlie terrorizzate,accontentandosi di un bicchiere d'acqua prima di uscire da una casa del paese”.Successivamente i tedeschi rastrellano 300 persone e minacciano di ucciderli: Li salva però la mediazione di suor Amelia casini che media con il capitano arrivato da Randazzo, da quella Randazzo tappezzata da brandelli di carne e sangue tedeschi.

“Durante l periodo che i tedeschi si trovavano a Castiglione, i paesani avevano ucciso cinque soldati perché devastavano le campagne e spadroneggiavano a più non posso (sembravano tanti signorotti),quindi, per cinque dei loro morti ne dovevano uccidere trecento.L’interprete girava intorno al capitano con insistenza, ripetendole stesse parole, cioè: “I colpevoli sono fuggiti”; ma il capitano sempre più si ostinava e con le mani alzate e le dita aperte gridava: “Cinque me ne hanno uccisi: fucilate subito,subito”: Insomma in nessun modo si voleva piegare. Allora io sentii in me una forza soprannaturale, feci un passo avanti di fronte al capitano, pronunciando queste parole: “Mi offro io per loro; si...si..., io do la mia vita... uccidetemi, date la libertà a quei poveretti”. In quel momento così difficile non mancarono le suppliche dell’Arciprete Russo e le buone maniere  dell’ingegnere Lenza nel tradurre le nostre povere parole. Il capitano ci guardò a lungo e dopo una breve pausa pronunciò queste parole: Domani alle 6 sono liberi”. In quel momento erano le undici di sera del 13.08.1943. (La decisione del capitano si può ancora considerare quella di un alleato).

Va osservato di come fosse difficile che si lasciasse mano libera ai soldati di “devastare le campagne” ripetutamente anche perché la situazione sul campo imponeva sempre la massima allerta. Fin qui Castiglione. In quanto all'aeroporto di San Pietro (il nome Biscari fu dato dagli americani) dove i tedeschi e anche gli italiani(Vi era stanziato il 153º Battaglione Mitraglieri ed alcune unitàt edesche della 1.Fallschirm-Panzer-Division Hermann Göring>.) distrussero prima di ritirasi le piste e il carburante; mi viene spontaneo pensare: dovevano forse lasciare gli aerei con il motore caldo e carichi di bombe pronti per essere usati contro loro? Perché poi gli americani a Biscari massacrarono 72 prigionieri italiani (di cui si ebbe notizia 61 anni dopo) forse perché trovarono le infrastrutture distrutte? Un po' come la rappresaglia di Castiglione?)

In merito vale la pena di riportare, per giustizia e completezza la testimonianza di Virginio de Reiter: “Il gruppo di De Roit finì in mezzo alla tempesta di fuoco. I difensori si arresero. Italiani e tedeschi furono depredati di portafogli,collanine, ciondoli, orologi, anche se di modesto valore come il Medadi De Roit. Rimasero in mutande. Camminando a piedi nudi su stoppie e rovi furono portati fino allo spiazzo accanto al sughereto.Ricevettero l' ordine di scavare una fossa e di mettersi in fila per due. Poi «Un negro dalla faccia brutta - scandisce De Roit - impugnò il parabellum e cominciò a sparare al petto dei primi due, che erano tedeschi. Dopo ammazzò gli altri due tedeschi. Il primo italiano a cadere fu il caporale Luigi Giraldi di Brescia. Ne caddero tanti di bresciani: Attilio Bonariva, Santo Monteverdi, Leone Pontara, Battista Piardi, Gottardo Toninelli, Pietro Vaccari, Mario Zani,Celestino Bressanini. Cadde il mio compaesano Aldo Capitanio. Caddeil bello della compagnia, il magazziniere Angelo Fasolo di Camin, nel padovano. Cadde Salvatore Campailla, che era un siciliano, ma faceva il postino a Nervi. Cadde Sante Zogno di Lodi. A quel punto io urlai:"Tusi, scapemo"(ragazzi, scappiamo). Mi lanciai verso il fiume con Silvio Quaiotto ed Elio Bergamo di Ancona. Quelle bestie non se l' aspettavano. Guadagnammo metri preziosi, sentimmo alle nostre spalle che in parecchi si erano messi a sparare: abbatterono in ostri compagni, quindi vennero a cercarci.

Noi stavamo acquattati nell' acqua. Io e Quaiotto ci mettemmo sotto un groviglio di arbusti,mentre vidi che Bergamo aveva la testa di fuori. Le bestie tirarono alcune sventagliate di mitra. Capii che andavano a prendere il lanciafiamme. Mi diressi verso la riva opposta. Non mi videro. In quanto ai criminali di guerra italiani mi limito solo a citare due generali, Robotti e Roatta, il primo arrivò a dire nelle sue circolari che si ammazzava troppo poco e il secondo, condannato all'ergastolo fu fatto fuggire all'epoca dal comandante generale dei carabinieri suo amico. Come dire l'Italia non ebbe mai il coraggio di una sua “Norimberga”

Enzo Caputo

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